Vitigni minori e anfore: quando la terracotta restituisce voce alla memoria del vino
Sul CV 40/2025 quattro storie tra anfore e vitigni autoctoni raccontano come la terracotta diventi strumento di identità, memoria e rinascita enologica
December 30, 2025
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Vitigni minori e anfore: quando la terracotta restituisce voce alla memoria del vino
Quando la tecnica enologica smette di essere un fine e diventa un linguaggio, il vino torna a raccontare storie che parlano di radici, memoria e identità.
Nel numero 40/2025 de Il Corriere Vinicolo, Ivano Asperti e Aldo Lorenzoni (Graspo) firmano un ampio racconto dedicato al rapporto tra anfora e vitigni autoctoni “minori”, affrontato non come moda o scelta stilistica, ma come atto culturale capace di restituire profondità al vino contemporaneo. L’articolo intreccia quattro storie esemplari che attraversano territori diversi e vitigni rari, mostrando come la terracotta possa diventare parte integrante dell’espressione del terroir.
Il filo conduttore non è la nostalgia, ma la coerenza: l’anfora viene letta come “madre nutrice”, complemento naturale della terra che ha generato l’uva e che, attraverso l’argilla, accompagna il vino nella sua maturazione. In questo senso, la vinificazione diventa un gesto di continuità tra passato e presente, capace di dialogare con le esigenze dell’enologia moderna senza rinunciare alla propria dimensione simbolica.

Il contributo ricostruisce anche il contesto storico e tecnico del ritorno all’anfora, richiamando il ruolo pionieristico di Joško Gravner e il legame profondo con la tradizione georgiana dei qvevri, per poi soffermarsi sulle caratteristiche fisiche dei diversi materiali – terracotta, cocciopesto, ceramica, gres – e sulle loro implicazioni enologiche in termini di porosità, neutralità aromatica e inerzia termica.
Le storie raccontate – dal Nero Buono e Bellone di Cori alla Vernazola veneta, dal Pugnitello toscano fino al Bosco delle Cinque Terre – mostrano come l’anfora non corregga né mascheri, ma accompagni il vino lasciando emergere il carattere del vitigno e del paesaggio. Ne risulta un racconto che va oltre la cantina e si inserisce nel più ampio tema del recupero del patrimonio ampelografico italiano, oggi riletto alla luce del cambiamento climatico e dell’evoluzione del gusto dei consumatori.
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